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Prefazione.

“Sapere di vino” significa venire a conoscenza di tutto ciò che ruota a 360 gradi intorno a qualsiasi grande vino prodotto.

“Conoscere i vini” significa catalogare sensazioni attraverso la memoria olfattiva e gustativa per poter riconoscere come insiti i tratti identificativi di ciascun vino.

Per un aspirante professionista del vino, entrambe le dottrine, se così vogliamo chiamarle, dovrebbero essere praticate di pari passo. Queste non sono altro che l’accumulo di una enorme quantità di dati che riguardano nel primo caso  la geografia del territorio e la geologia del terreno; la storia e gli aneddoti del fondatore di una cantina; la filosofia produttiva; la quantità di ettari vitati, la loro esposizione ed il loro valore commerciale; le scelte di coltivazione e di vinificazione; le bottiglie prodotte, il volume alcolico ed il dosaggio del vino; i mesi d’affinamento; il nome dell’enologo con il suo palmarès e così via…Certo un volume immenso di dati da inserire nella nostra memoria, ma che, ad assimilarli tutti, prima o poi andrebbero ad esaurirsi come nuovi inserimenti, salvo aggiornamenti riguardanti vendite stellari di cantine blasonate oppure riguardanti il passaggio di testimone da un enologo ad un altro. In definitiva parliamo di un sapere attinto dai più svariati testi ma anche dalla conoscenza diretta con i produttori che possono fornire introvabili notizie.

Nel secondo caso invece, si tratta di praticare il più possibile l’esercizio della degustazione, allo scopo di far acquisire informazioni “degustative” al nostro database sensoriale. La fondamentale differenza (a parte il fatto che queste informazioni potranno arrivare esclusivamente dall’esperienza in prima persona ovvero dall’assaggio dei vini) riguarda la fonte inesauribile di dati che saranno sempre diversi e che non potranno mai esaurirsi sino a quando quel vino verrà prodotto annata dopo annata.

In una Verticale potremmo anche aver degustato tutti i vintage di un vino e riconoscere in ciascun bicchiere dei caratteri comuni, ma la nuova annata, quella che dovrà ancora uscire, sarà sempre una novità e ci lascerà nuove sensazioni da inserire e mettere a confronto con le precedenti.

La mancanza di riferimenti genera impoverimento culturale

A Parigi, all’inizio di quest’anno, al concorso annuale ASI (Association De La Sommellerie Internationale) che incorona il miglior Sommelier del mondo, ai tre finalisti hanno fatto assaggiare “alla cieca” due annate di uno dei vini più celebri del mondo: il Petrus.

Partecipare a questo concorso significa essere professionisti capaci, ma per arrivare in finale bisogna essere eccellenti. Ad uno degli assaggi, tutti e tre i concorrenti hanno identificato la zona di origine del vino ed il vitigno, ma nessuno di loro è riuscito a dare un nome al vino ed al produttore: era appunto un Petrus.

L’accaduto ha fatto scalpore, ma analizzando le motivazioni si è arrivati ad un responso: nessun demerito a loro carico! Questa lacuna purtroppo riflette una limitazione imposta dal mercato. Ma allora cosa è successo? Semplicemente questi tre bravissimi professionisti non avevano mai assaggiato Petrus.

Dal punto di vista logico, siamo tutti concordi nel dire che non sia possibile RI-conoscere un vino se non si ha mai avuto la possibilità di “conoscerlo” ovvero di assaggiarlo. Ma allora, perché non hanno mai fatto questa esperienza degustativa sapendo che la conoscenza di tutti i grandi vini non può prescindere dal Petrus?  Semplicissimo! Perché una bottiglia di Petrus supera di gran lunga i cinquemila euro di prezzo e quindi non proprio per “tutte le tasche”.

Ciò che ho appena raccontato è solo la punta dell’iceberg; una notizia che, visto il contesto ed i protagonisti illustri ha destato più scalpore di altre molto simili. Ma il problema è serio e non proprio nuovissimo.

Sono sempre felice quando la nuova generazione si avvicina al mondo del vino con un fervido interesse, ma mi rendo conto che per questi giovani, autofinanziarsi per bere ciò che ancora non conoscono, abbia un altro peso rispetto a 20 anni fa. Tantissimi sono i vini che hanno una quotazione stellare, troppi! Penso amareggiato, che attualmente per loro sia diventato praticamente impossibile, acquistare e assaggiare tutti i vini più importanti del mondo: quei vini che in tutti i libri e riviste di settore non possono che essere citati come i capisaldi delle rispettive denominazioni; quei vini a cui fare riferimento per poi giudicare tutti gli altri.

A suggellare questa mia considerazione, vi fornisco due numeri emblematici ricavati da Liv-Ex (società Britannica leader nel fornire dati sul mercato globale del vino)

Dal 2003 il prezzo di Petrus è aumentato del 517,3%, mentre il prezzo di Romanèe Conti (DRC) del 1289,62%.

Chi per questioni puramente anagrafiche non abbia potuto acquistare questi vini almeno 15 anni fa, difficilmente potrà mai assaggiare “tutti” questi capolavori dell’enologia (a meno che non possieda un reddito da milionario!) con la conseguenza che avrà certamente difficoltà a trovare un punto di riferimento per le sue future degustazioni.

Ed ora arriviamo al dunque: tutto ciò crea un evidente impoverimento culturale nelle nuove generazioni di professionisti del vino con cui probabilmente dovremmo fare i conti tra qualche anno.

Il fenomeno dei vini con prezzi fuori dalla portata dei comuni mortali, una volta era relegato alla sola zona di Bordeaux. Ora invece nessuna zona vinicola importante ne è esente. Basti pensare ai prezzi di Screaming Eagle in Napa Valley, Chateau Rayas in Cote du Rhone del sud, Hill of Grace in Australia, Salon nella Champagne e l’elenco potrebbe proseguire per molto ancora.

Mentre in alcune zone è ancora possibile scovare dei riferimenti alternativi di quella denominazione anche a prezzi più abbordabili, nel caso della Borgogna, soprattutto se si parliamo di vigne Monopole (ovvero di un solo vignaiolo) la ricerca di un vino meno costoso con la stessa denominazione, non è possibile: la denominazione contempla solo quella vigna; nessun altro vino può avere quella denominazione se non quello prodotto da quella vigna posseduta da quel vignaiolo.

I casi più celebri sono i Monopole di La Tache di DRC, La Romanèe di Liger-Belair, La Grande Rue di Lamarche Oltre questi non è possibile dimenticare la Romanèe-Conti di DRC che ormai supera per quotazione ampiamente i Venticinquemila euro a bottiglia. Con questi esempi abbiamo identificato un’unicità, diciamo geografica.

Ci sono poi denominazioni come Sauternes con vigne di proprietà di diverse cantine. Il vino culto della denominazione però è l’Yquem: un vino talmente inimitabile nella sua stranezza da renderlo unico. Non esiste un sostituto di Yquem. Potrete assaggiare degli altri ottimi, stupefacenti (se volete) Sauternes, ma nessuno avrà il sapore ed il profumo unico ed inconfondibile di Yquem. In questo caso parliamo di prezzi decisamente più accessibili, ma il concetto è: bevetelo ed assaggiate anche altri sauternes. La prima volta che lo degusterete capirete cosa è Yquem e ricorderete per sempre quel sapore che lo distingue dagli altri Sauternes. Un giorno potreste partecipare ad una degustazione alla cieca, e riconoscendo i profumi direte: ”questo è Yquem!” e non “questo è un Sauternes!”

Insomma, per rendere il proprio operato sempre più preciso e meno fallace, non c’è altra soluzione se non quella di assaggiare almeno una volta il vino leader delle più importanti denominazioni.

In tutto questo aumentare di prezzi, l’Italia ancora gode di quotazioni decisamente favorevoli anche per i suoi vini più famosi. Acquistare un grande Barolo o Brunello di Montalcino, oggi costa relativamente poco rispetto alle suddette denominazioni Francesi. Questo consente ancora di poter fare “esperienza sul campo” e migliorare la propria tecnica di degustazione allargando la propria cultura enologica prima che la “premiumizzazione” di cui tanto si parla, dilaghi anche fra le aziende produttrici in Italia.

In linea generale, credo che questa nuova tendenza di marketing abbracciata dai produttori, possa solo confermare le alte quotazioni dei grandi vini e magari aggiungere qualche “Special Edition” per ampliare ancora il mercato del lusso nel quale il vino rappresenta un elemento importantissimo di questo settore.

Nonostante il periodo passato, non proprio favorevole per il mercato del vino, possiamo tranquillamente parlare di performance in crescita ed ampiamente in terreno positivo, soprattutto per tutti coloro che hanno acquistato qualche anno fa.

Ritengo che per arginare il problema dei prezzi esorbitanti di molti vini che di fatto sono sempre meno stappati e sempre più depositati nei caveau dei collezionisti, un ruolo importante lo debbano avere le organizzazioni di settore come AIS, FISAR, ONAV etc. etc.

Bisognerebbe osare di più e dare la possibilità, tramite degustazioni guidate per i soci, di assaggiare i grandi vini, potendoli dividere con altre persone interessate a fare esperienze sensoriali e culturali altrimenti difficilmente realizzabili. Con i giusti canali di acquisto, i grandi Bordeaux e tutti gli altri vini di culto, si possono reperire nelle perfette condizioni a prezzi sicuramente alti ma ancora abbordabili. Fatta esclusione per alcuni Top Wine di Borgogna, il compito è difficile ma non impossibile. Molto spesso nei mercati esteri, soprattutto Britannici, le possibilità di acquisto sono economicamente vantaggiose anche accollandosi i costi logistici. Visto l’alto numero di vini contraffatti o che comunque non hanno tracciabilità e garanzie del corretto stoccaggio, soprattutto per le vecchie annate è sempre consigliabile fare riferimento a Mercanti di indiscussa serietà e comprovata onestà.

Ricordiamoci sempre che nel vino, la tracciabilità e la certezza del giusto stoccaggio, fanno la differenza tra una degustazione memorabile e una memorabile fregatura.

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