
Un recente sondaggio ISWR ha evidenziato alcuni dati che ad una lettura distratta potrebbero sembrare “normali” ma che, se ben analizzati, destano più di una perplessità.
A mille intervistati sono state fatte alcuni semplici domande sui loro consumi di vino e una delle domande prevedeva di segnalare il loro vitigno preferito. Le risposte si sono concentrate su pochi vitigni, come comprensibile e ha nettamente vinto il Sauvignon Blanc con il 31% delle scelte, seguito dal Merlot con il 29% delle scelte e sul terzo gradino del podio lo Chardonnay con il 26% delle scelte.
Fin qua tutto bene. Due vitigni bianchi ed uno rosso e tutti estremamente famosi e coltivati in moltissime zone del mondo.
Un’altra domanda però chiedeva di nominare la zona vinicola preferita. Le risposte a questa domanda sono in netta contrapposizione con le risposte alla domanda precedente sui vitigni. In poche parole, gli intervistati che hanno fatto vincere a furor di popolo il Sauvignon Blanc hanno però scelto solo nell’8% dei casi la Loira come regione preferita. Piuttosto strano visto che è considerata la patria dei migliori Sauvignon del mondo. Solo il 9% degli intervistati ha eletto la Borgogna a Regione prediletta quando ben il 26% nominava lo Chardonnay come vitigno preferito. Contando che la Borgogna è la capitale indiscussa dei più grandi Chardonnay del mondo, qualche dubbio viene spontaneo.
Le riflessioni sono doverose e credo che portino tutte ad una stessa risposta. Il consumatore medio ha una conoscenza molto basica e superficiale del vino ma stenta ad ammetterlo. Non si può spiegare in altro modo.
Tutte le famose zone di produzione, soprattutto francesi, ma non solo, non riportano il vitigno in etichetta e questo, in un avventore occasionale, provoca smarrimento. Non sa esattamente che cosa sta bevendo e quindi non abbina il vitigno alla zona. Se un consumatore deve scegliere una bottiglia di Sauvignon Blanc al supermercato, probabilmente non acquisterà un Sancerre o un Pouilly-Fumè semplicemente perché in etichetta non lo trova scritto e non ultimo perché probabilmente costa molto di più di un Sauvignon generico.
La stessa cosa succederà con lo Chardonnay. Difficilmente l’avventore comprerà un Borgogna per lo stesso motivo del Sauvignon Blanc. Non c’è scritto in etichetta, anzi è proprio vietato per legge.
Quindi i produttori di vino e i consorzi di produzione sono pazzi?
Perché non scrivono il vitigno in etichetta?
I motivi sono abbastanza semplici. Solo valorizzando il territorio si può promuovere una determinata zona a discapito di altre. Se la Borgogna non avesse adottato il sistema di etichettatura che vieta il nome dei vitigni Pinot Noir e Chardonnay, sarebbe passato inosservato il profondo legame tra vitigno e territorio.
Non avrebbero legato indissolubilmente il nome della regione a quella dei due vitigni più rappresentativi. A pensarci bene è semplice: in Borgogna se è bianco è Chardonnay e se è rosso è Pinot Noir.
Se chiedete a qualsiasi bravo produttore di vino di Borgogna che vini produce, non vi risponderà mai con i nomi dei due vitigni ma con i nomi delle denominazioni in cui ha le vigne. In questo modo, senza bisogno di troppi discorsi si sancisce che un Puligny Montrachet “les Caillerets” è profondamente diverso da un Saint Aubin. Un La Tache sarà diverso da Richebourg anche se entrambi sono prodotti con il medesimo vitigno rosso.
Non credo sia sbagliato il metodo di etichettatura, credo però che non si sia fatto abbastanza per comunicarlo. Credo anche che molti consumatori sopravvalutino le loro conoscenze. Cosa che probabilmente non farebbero in altri ambiti. Non so perché, parlando di vino e calcio diventiamo improvvisamente tutti esperti.
Eleggere il Sauvignon Blanc a vitigno preferito e non nominare la Loira come Regione di riferimento è come affermare di amare Beethoven e non conoscere l’Eroica.