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Ben quindici anni fa Hong Kong ha rimosso le tariffe sulle importazioni del vino. Questo ha aperto le porte, ovviamente anche al vino pregiato e molti produttori e mercanti hanno trovato una nuova e più ampia frontiera di scambi, spesso a discapito del loro continente. Nell’ultimo decennio la Cina continentale è stata il mercato di riferimento per i vini rossi di Bordeaux, tanto da far denominare la sua richiesta esclusiva come ”ossessione rossa“: nella maggior parte dei casi si trattava di Bordeaux First Growths, in particolare Château Lafite Rothschild.

Ma la difficoltà nella quale l’economia cinese versa da qualche anno, sta portando i mercanti ad ampliare lo sguardo verso mercati emergenti come Singapore e la Corea del Sud. La chiusura del confine fra la Cina ed Hong Kong (2020) ha causato l’inizio del crollo della quantità di vini scambiati dai commercianti asiatici nel mercato secondario.

Bordeaux ha retto questi ritmi di scambi fino al 2011, quando ancora rappresentava il 95,2% del commercio del mercato secondario in Asia.
Da allora la domanda dei vini di Bordeaux è diminuita da parte dell’Asia e oggi rappresenta appena il 35,9% della domanda di vino totale (dati Liv-Ex all’ultimo trimestre 2022).

Il grande beneficiario di questo cambiamento è stata la Borgogna, che è passata da meno del 5,0% degli acquisti in Asia dieci anni fa, al 37,3% quest’anno, assecondando le scelte del Giappone, sempre ritenute controcorrente nel continente Asiatico.

Il mercato asiatico muta ed ora più che mai, non può e non deve essere pensato come un’unica entità di mercato. Sebbene i vini rossi prevalgano, c’è una domanda molto maggiore di Champagne e Borgogna bianca rispetto a qualche anno fa.
La speranza è che L’Asia ritorni ad essere un mercato stabile per il vino con la ripresa del commercio da parte dei loro storici importatori di vino.

Nonostante dall’8 gennaio 2023 la Cina incomincerà gradualmente a normalizzare i trasporti con la terraferma ed Hong Kong per provare a contrastare la recessione, Hong Kong dopo 20 anni perde “Vinexpo” (l’evento di punta in ASIA-Pacifico riguardante il vino) a favore di Singapore a partire da Maggio 2023.
Come sempre la perdita di qualcuno porta il guadagno di qualcun altro e una potente città come Singapore, a lungo pubblicizzata come uno dei grandi hub asiatici per il buon vino, finalmente non verrà più oscurata dall’imponenza della fetta di mercato guadagnata da Hong Kong.
Anche la sua valuta è legata al dollaro USA che attualmente, con un indice tendenzialmente in ribasso, può esercitare uno slancio positivo per l’economia nei primi mesi del 2023. Se questo ribasso dovesse mantenersi ancora, potrebbe fornire un ampio respiro non solo al mercato di Singapore ma persino a livello globale.
Questa nuova frontiera offre anche fertile terreno per lo sviluppo del collezionismo di vini di pregio come è avvenuto in Giappone, dove a partire dagli anni ’80 ha preso piede la smania di possederei i vini più importanti del mondo soprattutto privilegiando la Borgogna, mentre a Singapore il gusto che domina la richiesta è per il vino Italiano.
Ma anche per il Giappone, in questo momento di aumento dell’inflazione, si avverte un mutamento di gusti ed un ampliarsi di etichette sino ad ora non tenute in considerazione.

Poi c’è la Corea del Sud, che sta diventando uno dei mercati del vino in più rapido sviluppo in Asia. La Corea del Sud è interessante anche perché ha sempre avuto un gusto per i vini “non” francesi. I Coreani prediligono e sono grandi conoscitori dei vini statunitensi e cileni e di questa conoscenza ne hanno ricavato delle attività economiche. Il paese ha puntato molto sullo sviluppo tecnologico e negli ultimi anni sono sorte innumerevoli start-up di investimenti nel vino (focalizzate sui dati nazionali) che vendono quote frazionarie di bottiglie o di casse di vini pregiati, contrapponendosi al modello tradizionale della piena proprietà più sviluppato in Europa.
Il mercato asiatico quindi, non è solo “Cina”, ma questo è un paese troppo grande, troppo nuovo e troppo ricco di potenzialità per essere ignorato dall’industria mondiale del vino.

Del resto, puntare su un unico paese per tutta la propria esportazione di vino prodotto può essere rischioso. Lo ha imparato a sue spese l’Australia che, al suo apice, le esportazioni di vino verso la Cina avevano superato il miliardo di dollari australiani. Dopo l’introduzione di dazi punitivi nel marzo 2021, le esportazioni australiane registrate a fine 2022, sono scese in valore a 223 milioni di dollari australiani (-81%!) e da allora sono ulteriormente diminuiti.

La scomparsa del più grande mercato di esportazione dell’Australia è stata una lezione saliente che ha fatto sviluppare ai produttori e agli enti vinicoli nazionali uno spirito esplorativo diretto verso altri paesi del continente asiatico per cercare stabilità commerciale nella diversificazione.

Ad Ottobre dello scorso anno, il Governo Australiano attraverso il Ministro per il Commercio e il Senatore del Turismo, annuncia due nomine “Country Manager” (per il Giappone Rosemary MacDonald e per la Corea del Sud Suzie Chung) a dimostrazione dell’impegno del governo australiano nel supportare le aziende vinicole nazionali ed a diversificare e intensificare le esportazioni durante un periodo davvero difficile.

Non tutto però, va a discapito del commercio con l’Asia.
Si registrano prevedibili picchi di acquisto prima del capodanno cinese, bottiglie commemorative continuano a essere rilasciate appositamente per il mercato cinese e potenze globali come Domaines Barons Rothschild e LVMH continuano a investire nei propri vigneti cinesi.

Sorprendentemente diversa per cultura, gli asiatici, possono essere meno sensibili al vintage rispetto ad altri mercati. Spesso acquistano vini come indicatore di ricchezza personale o per fare regali; la variazione dell’annata è a volte meno preoccupante di quanto non possa esserlo per altri paesi come ad esempio il Regno Unito o gli USA, dove i collezionisti si tengono alla larga dalle annate più deboli e si cimentano nella ricerca dei più blasonati.

Seguendo la superstiziosa convinzione che il numero 8 sia un numero fortunato, tutte le annate che terminano con questo numero, in Asia vengono richieste più delle altre.

Le bizzarrie di questo popolo vengono anche assecondate dai produttori per rendere ancora più solido il loro export verso questo paese, come ha fatto ad esempio Lafite, che ha marchiato la bottiglia della sua annata 2008 con il carattere cinese.

 

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