Dazi USA del 20% su tutti i prodotti provenienti dalla UE

da | Apr 4, 2025 | NEWS E APPROFONDIMENTI | 0 commenti

C’è addirittura chi tira un sospiro di sollievo visto che Trump aveva minacciato dazi del 200% su vini e alcolici provenienti dalla UE. Quindi i dazi al 20% sono il minimo che ci si potesse aspettare. Questa volta, a differenza del 2019 saranno soggetti a dazi tutti i prodotti di tutti e 27 i paesi della comunità europea. Nel 2019 come ritorsione per diatribe industriali furono soggetti a dazi solo i vini di Francia, Spagna, Germania e Inghilterra.

Partiamo dall’inizio, spiegando cosa sono i dazi. Sono una imposta applicata alle merci in arrivo negli Stati Uniti e provenienti da tutti i paesi che rientrano nella “Black List” stilata dalla Casa Bianca. Questa lista comprende ben 60 Paesi tra i quali figura anche la UE intesa come unico stato composto da 27 Paesi membri. A detta della Casa Bianca, i dazi applicati alla UE del 20% sono da considerarsi come ritorsione contro politiche commerciali scorrette e discriminanti da parte Europea contro molte merci provenienti dagli Stati Uniti.

La realtà è che l’amministrazione Trump ha fatto di tutta l’erba un fascio calcolando come dazi anche politiche di protezione applicate dalla Comunità Europea con lo scopo di proteggere alcune attività o, ancor più importante, per proteggere la salute dei cittadini europei poiché le politiche di dazi riguardavano prodotti provenienti dagli USA che hanno leggi più libertine sull’utilizzo di alcuni materiali, medicinali, coadiuvanti o prodotti di sintesi per prodotti agricoli e alimentari.

Concentriamoci però sul tema a noi caro e cioè il Vino. Gli Stati Uniti sono il primo mercato export per i vini italiani con una fetta di mercato del 25% sul totale esportato. Facile capire che nel breve termine sia impossibile per un produttore di vino italiano assorbire la perdita aprendo nuove rotte commerciali. Impossibile non solo perché serve tempo e servono risorse per aprire mercati nuovi ma anche perché tutta un’altra serie di Paesi con economie in forte crescita sono di religione Musulmana o comunque ostili all’alcol come, ad esempio, India e quindi non propensi a leggi che favoriscono l’ingresso di sostanze alcoliche nel loro stato.

Parlando di numeri, possiamo dire che l’Italia esporta in USA vino per un valore di due miliardi all’anno e che il 73% del vino importato in USA arriva da paesi della UE. Il 37% del vino bevuto dai cittadini statunitensi non è di produzione interna. Quindi importano vino per un valore 5 volte superiore a quello che esportano. Questo significa che nel breve periodo non potranno diventare autosufficienti anche perché vorrebbe dire fare investimenti enormi, attendere anni ed essere pronti quando il mercato si riaprirà. I dazi saranno sicuramente temporanei e quindi nessun investimento ingente potrà essere fatto senza la sicurezza che possa essere redditizio.

Tutti gli economisti sono uniti nel dire che i dazi USA colpiranno anche i produttori di vino americani poiché vedranno aumentare in maniera esponenziale i costi di materie prime fondamentali per la produzione del vino e che provengono principalmente dalla UE. Pensiamo ad esempio al vetro per le bottiglie, ai tappi di sughero, alle botti per l’affinamento e a tutti i macchinari per l’enologia di cui l’Europa è leader incontrastata.

Le conseguenze dei dazi cadranno come sempre sul consumatore finale e soprattutto su colui che ha i redditi più bassi. La guerra commerciale che sta per cominciare non avrà altri effetti se non quelli di fare aumentare i prezzi e rendere “nervoso” e instabile il mercato. Da che se ne ha memoria, il mercato prospera in condizioni di stabilità e non certo in un contesto schizofrenico come quello attuale.

La cosa veramente preoccupante per i produttori di vino europei è che sono in balia delle scelte della UE e singolarmente o come associazione di produttori possono fare ben poco. Non possono intraprendere un colloquio per mitigare i dazi sull’agroalimentare usando come leva lo scambio tra i due continenti poiché gli Stati Uniti esportano pochissimo e noi europei invece abbiamo in USA il più vasto e ricco mercato per i nostri prodotti alimentari. Non ci resta che sperare in una buona e profittevole politica comunitaria.

 

L’Effetto dei Dazi sui vini da investimento

Come già accennato in un precedente articolo, il mercato dei vini da investimento non verrà “colpito” direttamente poiché, come sapete, il trading dei vini avviene all’interno di magazzini fiscali e quindi in una sorta di “porto franco” che è e continuerà ad essere immune a tutte le tasse e dazi del mondo.

Anzi, molti analisti prospettano un possibile aumento delle quotazioni perché si prevede uno spostamento di capitali di collezionisti americani in Europa al fine di acquisire vino in bond (ovvero all’interno di magazzini doganali/fiscali) per poi estrarlo solo dopo l’eliminazione dei dazi.

Pensiamo che questa ipotesi possa essere corretta e auspicabile. Di certo possiamo dirvi che i vini detenuti dai nostri clienti all’interno dei nostri magazzini sono totalmente immuni da qualsiasi lotta commerciale.

Una altra prospettiva per guardare con slancio a nuovi investimenti in vino potrebbe essere che la scarsa domanda di vini europei da parte dei clienti americani generi, almeno nel primo periodo, una abbondanza di offerta di vini che fino ad ora erano quasi interamente allocati in USA. Quindi potrebbe rivelarsi più semplice reperire alcune etichette finora quasi introvabili. Fare scorta ora per poi rivendere quando il mercato riaprirà, potrebbe essere una mossa vincente.