Wine & Spirit, due “mondi” separati che vanno a velocità diverse

da | Feb 3, 2025 | ANALISI DI MERCATO

Partiamo dall’analisi dei dati di bilancio del colosso del lusso LVMH che analizzano il quarto trimestre dell’anno appena concluso. Ho letto analisi superficiali che davano dati impietosi riguardanti il settore Wine & Spirit. Le analisi riportano un -11% totalmente imputabile alla suddetta categoria. In realtà il dato deve essere approfondito dividendo il settore Vino dal settore Superalcolici. Fatto questo, ci accorgeremo che il segno negativo nel comparto vino è -3%.

Credo che al netto del fatto che l’anno 2024 non verrà ricordato come il miglior anno per il mercato del vino (ma questo i nostri lettori lo sanno già) lo scenario cambi parecchio. Una perdita percentuale del 3% è assolutamente in linea con i dati macroeconomici e con la situazione geopolitica attuale.

Il dato da analizzare con cura è quello degli Spirit. Non si fa altro che parlare di come i giovani e meno giovani preferiscano il drink miscelato o la bevanda ready to drink, che prevede spesso l’utilizzo di distillati e liquori di vario genere piuttosto che un buon bicchiere o bottiglia di vino. Ma allora come è possibile che il comparto spirit sia così profondamente in rosso e che non ci siano all’orizzonte spiragli di ripresa?

Guardando il portafoglio di spirit di proprietà di LVMH un po’ di risposte ci arrivano. I nomi più illustri del catalogo sono Hennesy Cognac (l’H nella sigla sta appunto per Hennesy) un distillato purtroppo considerato “vintage” e da conservatori che non attrae sicuramente le nuove generazioni. Poi possiamo citare la Vodka Belvedere, una delle migliori in commercio, che però paga uno scarso appeal del distillato a livello internazionale. Proseguiamo con il Rum di Cuba Eminente. Credo che tutti i lettori si ricorderanno gli anni ruggenti del Rum in Italia nei primi anni duemila. Anni in cui il Rum Zacapa si vendeva e beveva come fosse The freddo in una calda giornata di luglio. I tempi sono cambiati ed il mercato del rum ne è uscito decisamente ridimensionato, almeno in Europa. A seguire la tequila Volcan che, passata la moda lanciata da alcune star di Hollywood, ha visto i consumi ridursi sostanzialmente. Se a tutto questo ci mettiamo i timori per le sanzioni e conseguente ritiro della patente se fermati con un tasso alcolemico superiore al consentito, è facile intuire che i dati di vendite non potessero che andare male.

Tornando a parlare di vino, argomento a noi più caro, sottopongo alla vostra attenzione alcune dichiarazioni fatte da Raymond “Ray” Dalio, fondatore dell’Hedge Fund Bridgewater Associates che gestisce 126 miliardi di dollari nonché 58esimo uomo più ricco del mondo e citato dal Time nel 2019 come uno dei cento uomini più influenti della finanza.

In una recente intervista, parlando delle strategie di diversificazione, ha elencato tre criteri fondamentali che gli asset alternativi e che mirino a proteggere dall’inflazione dovrebbero avere.

  • Valore intrinseco
  • Riconoscimento internazionale
  • Tassazione agevolata

Il vino ha tutte le caratteristiche appena citate. Il valore intrinseco arriva dall’essere un bene fisico e tangibile, il riconoscimento internazionale è innegabile, soprattutto negli ultimi vent’anni e in Europa è considerato bene di consumo e quindi non soggetto, come ben sappiamo, al Capital Gain.

Pur non citando espressamente il vino, i consigli di Dalio, spiegano meglio di mille parole perché l’investimento in vino sia un argomento da prendere seriamente in considerazione in fase di pianificazione finanziaria.