Diversi mesi fa abbiamo pubblicato un articolo dal titolo: “L’ombra dei dazi” che, letto oggi, giorno in cui Donald Trump si è aggiudicato le elezioni e sarà il 47esimo Presidente degli Stati Uniti d’America, suona un po’ premonitore.
Lungi da me l’idea di parlare di politica, la mia è solo una considerazione economica legata al settore vinicolo, l’unico di cui posso parlare con cognizione di causa.
Nel suo precedente mandato il presidente Trump varò una legge a tempo, per effetto della quale, i vini provenienti da Francia, Germania e Spagna furono assoggettati a dazi del 25%.
L’Italia fu miracolosamente esonerata dai dazi e l’export nei confronti degli USA continuò senza grossi intoppi ma anche senza grossi incrementi. Cioè, in quell’occasione, le vendite di vino italiano in USA non aumentarono in maniera esponenziale ma sicuramente aumentammo la quota di vini destinati all’America. Durante i quindici mesi in cui furono applicati dazi, gli importatori statunitensi, per evitare la catastrofe, decisero all’unanimità di accollarsi, per buona parte, i costi dei dazi in modo da fare ricadere il meno possibile l’onere sul consumatore e quindi evitare l’esodo dei consumatori dai prodotti dei paesi coinvolti. Se così non avessero fatto, il consumatore interessato al vino “quotidiano” si sarebbe rivolto ai vini provenienti da Cile, Sudafrica e altri paesi emergenti e probabilmente non sarebbe più tornato sui suoi passi anche dopo l’abolizione dei dazi. Per il consumatore di vini Premium, il discorso è decisamente diverso. Fortunatamente, il vino prodotto in una determinata zona o cru, non è replicabile e non lo è nemmeno una determinata annata. Il vino premium, come ad esempio un Grand Cru di Borgogna o uno Champagne Grand Cru Vintage, non sono sostituibili quantomeno nella visione di un collezionista e amante del vino.
Non sappiamo esattamente cosa farà il nuovo presidente una volta insediato. Ci possiamo solo augurare che faccia quello che fanno sistematicamente i politici italiani ovvero, disattendere tutte le promesse fatte in campagna elettorale. Dobbiamo quindi sperare che Trump ripensi alla politica sui dazi perché questa volta potrebbe toccare anche all’Italia che vede gli Stati Uniti come primo mercato mondiale.
Dobbiamo augurarci che il vino e i prodotti agro-alimentari italiani possano proseguire la loro conquista del mercato statunitense. Gli Stati Uniti sono un mercato strategico e di vitale importanza, soprattutto dopo la brusca frenata dei mercati asiatici. Deve essere una priorità della UE e del Governo italiano la salvaguardia del libero scambio. Indipendentemente dal pensiero politico, vista l’importanza della posta in ballo, l’argomento dazi deve essere in prima pagina nell’agenda politica.