Definiamo prima di tutto Collezionista: colui che colleziona, raccoglie e custodisce oggetti di vario genere e natura. Investitore: chi investe denaro in imprese fruttifere in modo sistematico.
Troppo spesso si traccia una linea di demarcazione indelebile tra le due figure che in realtà possono convergere in un’unica entità.
Il collezionista di vino, ma anche di altri oggetti, di solito è animato da una vera e propria “febbre” che lo spinge ad accumulare, a voler avere tutte le annate di questo o quel vino, acquistando spesso molto di più di quello che potrà mai bere nella sua vita. Il collezionista molte volte fa acquisti irrazionali poiché guidato dal desiderio di possedere e vedere aumentare la sua collezione.
Chi ha iniziato la sua collezione di vini molti anni fa, è stato molto avvantaggiato poiché i prezzi erano molto bassi, rispetto ad oggi e le allocazioni più semplici da ottenere anche in maniera diretta e cioè trattando gli acquisti direttamente con il produttore dei vini oggetto del desiderio.
Per il collezionista moderno, tutto questo non esiste più (tranne nei rari casi in cui ci si trovi di fronte ad un collezionista di fama internazionale), le allocazioni dirette sono praticamente impossibili da avere, i prezzi sono saliti alle stelle e il mercato dei vini “collezionabili” è sostanzialmente stato rivoluzionato negli ultimi 10 anni.
Se prima era possibile per una persona con un reddito medio acquistare vini di Borgogna, Bordeaux e Champagne e inserirli nella propria cantina, oggi questo richiederebbe un reddito decisamente elevato che invece è nelle disponibilità di pochi. Se vent’anni fa una bottiglia di Romanèe Conti Richebourg poteva essere acquistata a circa 350€ ora ne servono 3.500€. I conti sono presto fatti, il collezionismo non è più per gli amanti del vino, servono amanti del vino con grandi disponibilità economiche.
Dobbiamo anche evidenziare che negli ultimi dieci anni, e cioè da quando il prezzo dei vini da collezione ha cominciato ad aumentare in maniera esponenziale, questo ha portato con sé anche un aumento proporzionale dei falsi, ovvero vini contraffatti. Il guadagno nella contraffazione dei vini è talmente alto che sempre più persone spregiudicate vi si cimentano inondando il commercio dei Fine Wine di “fake” spesso venduti nelle principali aste mondiali.
Insomma, per il collezionista sono tempi duri, nulla è più come prima e la creazione di una cantina comporta l’esborso di ingenti capitali.
Dalla parte opposta della barricata, sembrerebbe esserci l’investitore, una figura entrata nel mondo del vino una ventina di anni fa proprio nel momento in cui i prezzi dei vini cominciavano ad aumentare. Non a caso alla fine degli anni Novanta fu fondata Liv-Ex (borsa internazionale dei vini con sede a Londra) che con il suo operato, si prefigge l’obbiettivo di fornire dati affidabili in un mercato, quello del vino, non regolamentato. Alcuni grandi mercanti, soprattutto britannici, cominciarono a consigliare ai propri clienti di acquistare vini in maniera massiccia, bevendone solo una parte e mantenendo gli altri nei magazzini “in Bond” per alcuni anni per poi rivenderli tramite un servizio di brokeraggio da loro stessi fornito. Il servizio ebbe subito grande successo e quindi nacquero società specializzate in servizi di investimento in vino. Sostanzialmente possiamo affermare che il vino, prima visto come un alimento, poi come uno status symbol, divenne un bene su cui investire al pari di arte, automobili d’epoca e francobolli.
Negli ultimi anni, collezionista e investitore si sono spesso fusi in un’unica persona che ha come interlocutore un mercante o una società di investimento in vino perché, usufruendo della consulenza di esperti del settore, si potranno avere diversi vantaggi come ad esempio: semplificazione nell’accedere alle allocazioni di vini importanti, servizi di consulenza volti a semplificare sia l’acquisto che la successiva vendita dei vini e rendicontazioni accurate oltre ovviamente ad usufruire dei servizi di stoccaggio e assicurazione. Va ricordato che vendere vini tramite aste, oltre ad essere una procedura lunga e complessa, è soggetta a commissioni di vendita tra il 15 ed il 25% quindi è da consigliare solo nel caso di grosse collezioni o di bottiglie veramente rarissime. Le fee di vendita di un broker o società di investimento in vino invece, difficilmente supereranno il 10%.
I benefici che il collezionista può trarre dall’essere anche investitore, sono molteplici e di seguito farò un elenco in modo da rendere tutto estremamente chiaro:
- Gli acquisti fatti tramite società di investimento in vino, grazie allo stoccaggio professionale in magazzini doganali, consentono al cliente di non pagare l’iva con un guadagno immediato del 22%. L’Imposta verrà versata solo nel momento in cui il cliente porti a casa il vino, nel caso della vendita, l’iva verrà pagata dal compratore.
- Stoccaggio professionale e certificato. Questo renderà più semplice vendere il vino poiché la “sua vita” sarà completamente tracciabile e verificabile cosa che uno stoccaggio casalingo non potrà mai certificare.
- Il vino sarà sempre assicurato al 110% sul valore di mercato al momento della eventuale compromissione.
- Accesso ad allocazioni altrimenti irraggiungibili.
- Consulenza specializzata sempre disponibile.
- Il vino acquistato e mantenuto nei magazzini doganali sarà sempre di proprietà del cliente che potrà disporne in qualsiasi momento.
- Fee di vendita molto basse rispetto a case d’asta. Le fee variano a seconda della società ma possiamo segnalare un range tra il 2 ed il 10%.
- Disbrigo pratiche doganali e di vendita a totale cura della società.
- Certificati di autenticità del vino, anche per annate molto vecchie.
- Report fotografici, valutazioni, assistenza e accesso ad un’ampia gamma di servizi che le società dedicano ai loro clienti.
Dopo questa analisi, possiamo dire con sicurezza che colui che investe in vino lo fa per due ragioni distinte ma che spesso possono convergere: L’investitore potrà decidere di investire per poi rivendere solo parte dei vini e contribuire così ad abbassare la spesa per la creazione della sua collezione o semplicemente avere un approccio “finanziario” e quindi intendere il vino come “oggetto di speculazione” al fine di godere dei profitti derivanti dalle vendite. I profitti scaturiti dalle vendite dei vini non sono assoggettati al pagamento del Capital Gain e questa è un’ulteriore freccia nell’arco di questo tipo di investimento.